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A.I.A. Ancona

Associazione Italiana Arbitri - Sez. di Ancona

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News

Siate tutto quello che desiderate

8 Marzo 2022 da A.I.A. Ancona

otto marzo aia

Ho sempre pensato che lo sport abbattesse le divisioni: alle elementari nell’ora di ginnastica ci si toglieva il grembiule, niente più blu né rosa perché al momento di fare le squadre non si guardava se eri M o F. Ancora ricordo il rimprovero subito perché dopo una sconfitta, ne ero responsabile dinanzi a tutta la squadra non solo perché capitano bensì in quanto da capitano non avevo scelto Giulia per la nostra squadra.

Se lo sport è così forte, ho pensato che il mio sport preferito, il calcio, essendo uno dei più praticati nel nostro territorio, dovesse essere all’avanguardia su questo aspetto e difatti, sempre a scuola, giocare a calcio insieme a: Monica, Martina e Giulia era perfettamente normale e nessuno pensava “Anche se sono ragazze sono più forti di alcuni di noi maschi”.

Crescendo non è stato sempre così, anzi ci siamo abituati all’idea che il calcio sia uno sport maschile. Se è considerato normale la divisione maschile e femminile in sport come: pallavolo, pallacanestro, atletica… per il calcio c’è: il calcio e poi quello femminile.
Un calcio considerato da molti diverso troppo, al punto che se una calciatrice è più forte delle altre viene definita un “maschiaccio” come se non si potesse essere forti senza, allo stesso tempo, far venire meno i caratteri dell’essere una donna.

Il nostro calcio si sa non gode di perfetta salute, uno dei problemi che sono emersi con maggiore criticità in questa stagione è quello della mancanza degli arbitri.
Una cosa che non si può non notare è la differenza di numeri, le ragazze che vogliono prendere in mano i cartellini sono in netta minoranza rispetto ai ragazzi.
Questo divario non può trovare giustificazione nel classico pregiudizio che alle donne non piaccia il gioco del calcio. La realtà è che purtroppo il mondo del calcio, non sempre, sembra essere pronto ad accogliere persone che amano questo sport se di sesso femminile.

Era qualche hanno fa quando girava una pubblicità in cui 6 calciatori di una squadra di Serie A stavano guardando una partita insieme e capita un episodio regolamentare che fa schierare i calciatori a metà: chi la pensa in un modo e chi in un altro. Entra poi in campo un arbitro che spiega come va risolta la questione, episodio chiarito e tutti contenti.

Nella realtà purtroppo non è sempre così, vai a vedere la partita al bar e capita un episodio particolare di cui i più non sono a conoscenza di quale sia la risoluzione fornita dal regolamento del gioco del calcio. Entra in scena F, arbitro, che spiega come in realtà la decisione assunta dal collega sul terreno sia quella corretta. La risposta è però netta: “Ma che ne vuoi sapere tu che sei una donna.”
(Anche nel caso della pubblicità l’arbitro coinvolto era una donna).

Sarebbe bello poter abbattere definitivamente questi pregiudizi, in parte sembra che ci si stia evolvendo positivamente: vedere donne nel ruolo di arbitri e assistenti nei campionati regionali sta diventando una cosa comune.

Ricordo un’intervista di S, oggi dirigente, alla rivista L’Arbitro in cui diceva che sentiva l’allenatore dire ai suoi ragazzi prima della partita: “Oggi l’arbitro è una donna perciò niente fuorigioco”, per poi invertire la rotta durante l’intervallo: “è brava, giochiamo come sempre”.
Sì perché non bisogna dimenticare la professionalità e la passione che vengono impiegate in questo ruolo indipendentemente dal fatto che ad indossare la divisa ci sia una donna o un uomo.

Sicuramente essere donna ed essere arbitro non è facile, c’è un gap fisico di partenza che però grazie alla grande costanza, forza ed impegno dimostrato in allenamento viene prontamente colmato. Non è facile perché quando arrivi allo stadio e magari hai gli assistenti ufficiali non hai modo di fare squadra all’interno dello spogliatoio.
No, non deve essere sicuramente facile ma lo fanno con grande passione e NESSUNO ha il diritto di negare loro di continuare a sognare, perché loro hanno imparato a sognare e di certo non hanno alcuna voglia di smettere.

Leggendo sui social si dice che oggi non bisogna fare gli auguri perché non è la Festa della Donna bensì è la Giornata Internazionale dei Diritti della Donna.
Beh io un augurio lo voglio fare. Voglio augurarmi che non serva più dover ricordare che le donne hanno gli stessi diritti degli uomini ma che questi gli vengano concretamente riconosciuti in ogni ambito.

Auguri a tutte le calciatrici perché possano raggiungere i traguardi che si sono prefissati
Auguri a tutte le donne che sognano di poter fare l’arbitro
Auguri a tutte le donne che sono già arbitri e sognano la loro prima gara
Auguri a tutte le donne che sognano affinché riescano a realizzarli, con la fierezza di essere DONNE!

Abbiate cura di splendere
Siate tutto quello che desiderate

Matteo Varagona

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La Sezione Siamo Noi | Luciano Piloni

21 Febbraio 2022 da A.I.A. Ancona

A.B. LUCIANO PILONI

Il benemerito di oggi ha 58 anni di tessera, è stato componente CRA e osservatore nella CAN 5. Ecco Luciano Piloni!

Come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
Ho iniziato a fare l’arbitro perché ero incuriosito, nel periodo in cui mi sono iscritto c’era mio padre che era ancora in attività. Non c’è stata alcuna imposizione, ma era uno stimolo in più per fare bene e scalare le categorie. Sono arrivato come arbitro sino alla Promozione e poi per 2 anni in Serie D da assistente. Fuori dagli impianti di gioco ero nella Polizia Municipale, una vita in divisa con il fischietto in bocca!

Com’è la CAN 5?
L’avventura nazionale è stata molto bella, mi ha permesso di girare l’Italia e vedere grandi arbitri. Nonostante ne abbia visti a migliaia ancora mi ricordo trasferte particolari, come quella a Palermo o quella a L’Aquila in cui il campo era all’aperto e ai bordi delle strade c’era la neve.

Oggi si parla tanto delle donne, io ricordo con piacere che nel CRA Marche abbiamo lanciato Sonia Bolognesi che oggi è in organico CAN 5.

Alla fine ho dovuto scegliere se rimanere alla CAN 5 come osservatore o essere componente CRA.

La scelta è andata verso la tua regione. Tra i tanti arbitri che hai visto ti dice niente il nome Angelo Galante?
Ho seguito Angelo sin dall’inizio, il primo anno che lo volevano proporre mi sono opposto perché doveva ancora maturare. E’ stato proposto l’anno successivo ed il resto è storia. Ho ancora i referti delle sue gare. Sono contento che sia riuscito a raggiungere importanti traguardi internazionali all’interno dei palazzetti come arbitro in campo e che ora come dirigente sia responsabile della CAN 5 élite!

La bellezza di essere arbitro?
Mi piace stare in mezzo ai giovani. Fino a 2 anni fa, grazie alla deroga concessami dal Presidente Nazionale, ero osservatore a livello regionale. L’arbitraggio mi ha permesso di togliermi tante soddisfazioni.

Un consiglio per i nostri arbitri?
La preparazione atletica è importantissima, bisogna essere delle persone serie in campo e fuori, non devono poi mancare la motivazione e la volontà di arrivare. Queste secondo me sono le principali prerogative che un arbitro deve avere.

Dall’alto della tua esperienza, consiglieresti ad un giovane di iniziare il corso arbitri?
Sono contento che con l’ultimo corso più di 30 ragazzi (tra cui diverse ragazze) abbiano deciso di intraprendere questa esperienza.
Chi si tessera viene a fare sport gratuitamente e si inserisce in un contesto serio e sano dove impara a comportarsi.

Matteo Varagona

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7’ RTO

16 Gennaio 2022 da A.I.A. Ancona

La situazione non è delle migliori, i campionati sono fermi e il Covid dilaga, ma la grande famiglia di AIA Ancona non interrompe le sue buone abitudini e chiama i suoi ragazzi a rapporto per la 7’ RTO stagionale.

Riunione svoltasi in video-conferenza iniziata con i saluti del Presidente Ricciardi, il quale ha ricordato quanto, nonostante la situazione pandemica, sia sempre importante mantenersi in allenamento vista anche la vicina ripresa dei campionati.

La riunione è poi proseguita con i partecipanti che sono stati suddivisi per organici: Settore Giovanile e Scolastico, 3’ e 2’ categoria, futsal, Regionali e Nazionali.

Matteo Varagona

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La Sezione Siamo Noi | Gianluca Racchi

11 Gennaio 2022 da A.I.A. Ancona

gianluca racchi foto aia ancona

Gianluca Racchi è il benemerito con il quale oggi abbiamo fatto una piacevole chiacchierata, sulla sua vita tecnica ed associativa iniziata nella grande Milano e proseguita nella nostra Ancona.

Come prima cosa volevamo sapere come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
Sono di Milano e andando a S. Siro, come tifoso di calcio, fecero l’annuncio per il corso arbitri. Devo ammettere che l’idea di ricevere la tessera per entrare gratis allo stadio era per me una grande attrazione. Decisi così di frequentare il corso organizzato dalla Sezione di Milano ed ho arbitrato la mia prima partita nella primavera del 1973.
A casa ho ancora l’articolo del Corriere della Sera che riporta la notizia, il mio corso era molto numeroso, più di 100 persone.

All’inizio del 2’ anno degli scambi (la CAI di allora ndr) non ho superato la visita medica per l’idoneità agonistica.
Avevo un Disturbo cardiologico passeggero, ma i medici non vollero sentire ragioni e non mi diedero l’idoneità. Vinsi il ricorso, ma ormai era passata tutta la stagione e ho fatto domanda per diventare OA dopo appena 10 anni di tessera.

Dal 1985 al maggio 2007 ho visionato 457 arbitri, di cui 322 in ambito nazionale, 996 se contiamo gli assistenti.

Hai iniziato a Milano, quando poi ti sei dovuto trasferire ad Ancona sei rimasto nell’AIA.
Non ho mai pensato di lasciare, perché l’ho vista come un’Associazione alla quale avrei potuto partecipare indipendentemente dalla città o regione in cui mi trovassi.
Nell’AIA si fanno tante conoscenze da cui nascono le amicizie.
Si tende sempre a pensare l’arbitro da solo, in realtà l’arbitro fa parte di un’Associazione nella quale si sta insieme.
Devo molto all’AIA come crescita sociale, ho conosciuto persone, ho visto tanti ragazzi.

Senti che essere un arbitro ti abbia dato qualcosa in più nella vita quotidiana?
Quando ho iniziato a fare l’osservatore ero giovanissimo, avevo 27 anni, e spesso mi capitava di essere più giovane o coetaneo dell’arbitro che andavo a visionare. La cosa all’inizio mi dava un po’ di difficoltà, ma è stato un percorso di crescita personale.

All’interno dell’Associazione hai ricoperto diversi ruoli: Vice Presidente di Sezione, Segretario CRA, OT in Sezione, tanta voglia di portare la tua conoscenza ai più giovani. Da dove arrivano questa passione e questa energia?
Per me che ho una certa età, stare in mezzo ai giovani è fonte di vita.
Devi essere sempre sveglio e fresco, è uno stimolo spaventoso. Mi ritengo giovane perché sto coi giovani e mi mancherà tanto quando non potrò più frequentare l’Associazione.
Vivere con i giovani mi mette in discussione, ma mi permette di essere sempre acceso.
Ritengo sia il merito di frequentare un’Associazione fatta prevalentemente di ragazzi, perché rispetto alle altre associazioni, l’AIA deve essere composta da giovani.
Non ho mai pensato di dare dimissioni dopo il mio percorso in nazionale. Ho smesso nel 2007 a 52 anni.

Non ho mai usato i ragazzi per raggiungere traguardi personali, non ho mai fatto pesare a nessuno dove sono arrivato come osservatore. Mi piace fare l’osservatore per aiutare i ragazzi a crescere. Arbitrare una partita prestigiosa, ottenere il passaggio di categoria… fino ad arrivare alla finale di Coppa del Mondo.

Com’è la CAN?
La CAN di oggi non è la stessa in cui ero presente io, il VAR ha raffreddato le tensioni della partita, è stata una svolta epocale per le partite che hanno milioni di spettatori. Il VAR ha tolto tante responsabilità ed errori all’AE.
Era una CAN passionale in cui non c’era posto per l’errore, i dirigenti delle squadre non vogliono ammettere la fallibilità dell’essere umano per nascondere i loro errori.

Cosa può insegnare un osservatore ad un arbitro professionista? Servono ancora gli OA o potrebbero gestire tutto i soli OT?
Sicuramente con l’avvento del VAR e gli orari delle gare condizionati delle televisioni il ruolo dell’osservatore ha perso una percentuale d’importanza.
L’osservatore allo stadio riesce a cogliere i particolari che dalla TV non si possono vedere.
Nel valutare l’episodio il video è un ottimo strumento, ma secondo me non si può valutare un arbitro per un episodio di 5-7 secondi su 95 minuti.

Il VAR e la TV hanno tolto una buona parte del ruolo dell’osservatore.
Non voglio dire che sia negativo, è l’evoluzione dell’analisi della crescita dell’arbitro.

L’arbitro più forte che hai incontrato?
Nei miei 8 anni alla CAN ho visionato tanti arbitri forti: Messina (ex OT CAN A), Orsato (miglior arbitro al mondo 2020), Rosetti (designatore UEFA), Rizzoli (finale Coppa del Mondo 2014), Rocchi (OT CAN), ma di fenomeni ne ho visto uno solo, Pierluigi Collina!
Collina nello spogliatoio era molto umile, al limite dell’imbarazzante. Quando si parlava degli episodi mi rifaceva la moviola, come se avesse davanti lo schermo. Aveva una grande memoria della partita, al punto che continuava lui la descrizione dell’evento.

A proposito di Rizzoli, a pagina 116 del suo libro “Che gusto c’è a fare l’arbitro”, Nicola racconta una tua visionatura.
In ogni visionatura ho cercato sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto.
Come racconta lo stesso Rizzoli nel suo libro, la partita non fu un successo.
Io però non mi sono mai soffermato sull’episodio. L’episodio non è un elemento importante nella valutazione della prestazione. A me interessa la totalità dei 90 minuti di un arbitro.
L’episodio può essere occasionale, può dire tutto o nulla di una prestazione.
Nel caso di Rizzoli, non mi sono fatto influenzare da due episodi negativi.
Dopo quella partita, l’arbitro ha capito i suo errori, ha lavorato duramente per migliorarsi ed è arrivato ad essere designato per la finale di Coppa del Mondo! In quella finale dei mondiali c’è un milionesimo di Racchi Gianluca in Ancona-Pistoiese.

Un aneddoto che vuoi raccontare?
Era uno dei miei primi anni di CAN, ero sceso nello spogliatoio e vedevo arbitri e calciatori darsi del tu. Sembrava un circo in cui i domatori conoscevano i leoni. Poi in campo diventavano i contestatori dell’arbitro. Finita la partita ritornava tutto in un ambente surreale, terminavano le contestazioni.

Al termine di una partita dissi all’arbitro di non sopportare le proteste. C’era un calciatore che ad ogni fallo lo contestava alzando le mani al cielo e l’arbitro se ne andava come se nulla fosse. Lui gesticolava come se stesse protestando, ma in realtà come l’arbitro si avvicinava gli faceva i complimenti. Agli occhi dei tifosi però, appariva come una contestazione. Si teatralizzava a livello scenografico.

Un consiglio per i nostri arbitri?
Un bravo osservatore deve guardare oltre al semplice fischio dell’arbitro. Deve vedere se c’è personalità, voglia di fare bene. Tutti sbagliamo, l’importante è non fermarsi davanti all’errore.
Anzi, dagli errori si trae giovamento, dopo un errore si fa di tutto per non ripeterlo.
L’arbitro assume migliaia di decisioni nell’arco di una partita e gli errori che commette sono un bagaglio di esperienza per la prossima gara.
Inoltre credo nel lavoro. I tanti campioni che ho visionato in Serie A sono arrivati perché hanno lavorato sodo.
Riprendendo l’esempio di Collina, lui i giorni antecedenti alla gara si preparava analizzando le squadre, i calciatori, le panchine. In campo riusciva così ad avere il controllo su tutto quello che accadeva all’interno del terreno di gioco, anche alle sue spalle.

Perché un ragazzo dovrebbe iniziare il corso arbitri?
Ho visto tanti ragazzi, pure mio figlio ha scelto di essere un arbitro e posso dire che l’arbitraggio, se lo personificassimo, sarebbe un grandissimo formatore. Ti aiuta a crescere come persona, ti aiuta a trovare l’equilibrio nelle cose, ti instaura un senso di giustizia e ti insegna a sopportare anche alcune ingiustizie che possono capitare nell’arco della vita.
Un atleta con l’arbitraggio diventa Uomo.

Matteo Varagona

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La Sezione Siamo Noi | Marcello Esposito

3 Gennaio 2022 da A.I.A. Ancona

marcello esposito sezione di ancona

Il benemerito di oggi ha 46 anni di tessera, sul campo è arrivato fino alla serie D, a livello associativo si è speso tanto ricoprendo diversi incarichi a livello sezionale tra cui quello di Presidente di Sezione.
A livello regionale è stato componente CRA.
Ha ricevuto il premio Fabio Monti nel 2004.

Come prima cosa volevamo sapere come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
Avevo un gruppo di amici che avevano fatto il corso l’anno prima di me.
Mi aveva incuriosito e così a 16 anni (allora era l’età minima per poter iniziare ndr) sono andato a fare il corso.

Com’è cambiato il calcio da quando hai iniziato?
Era bellissimo, nonostante gli impianti fossero fatiscenti, specie se li compariamo a quelli odierni, e i terreni di gioco li trovavi spesso in terra, mentre oggi sono quasi tutti in sintetico.

A livello di società c’era una base dilettantistica forte, erano pochi i calciatori che venivano pagati ed erano dei top player per la categoria.
I dirigenti erano dei veri e propri factotum. Oggi invece c’è una maggiore specializzazione, c’è un dirigente che svolge solo la funzione di massaggiatore, medico…

Una gara che ti ricordi più di altre?
Sono stato per 4 anni negli scambi e 4 in serie D, ci sono state molte partite impegnative ma non ho mai vissuto brutti episodi.
L’ultima partita in serie D sapevo che sarebbe stata l’ultima, era uno spareggio, la perdente sarebbe retrocessa. Al termine della gara, la squadra che ha perso mi ha salutato dicendomi: “Ci dispiace retrocedere, l’anno prossimo non ti possiamo più avere”.

Un aneddoto che vuoi raccontare?
Al termine di una gara molto tesa, i Carabinieri mi consigliarono di prendere una strada secondaria.
Era freddo e c’era la neve, mentalmente ero stanco perché in campo avevo tenuto la concentrazione al massimo per tutta la durata della gara… ho cappottato con la macchina ma fortunatamente ne sono uscito indenne.

L’arbitro più forte che hai incontrato?
L’arbitro più forte è un ragazzo che però non è arrivato da nessuna parte, Silvano Pucci, salì con me agli scambi ma poi diede le dimissioni.
Riusciva a fare le cose con straordinaria naturalezza, era fortissimo atleticamente ed aveva una grande personalità, era un arbitro nato.
Andai a vedere una sua partita per cercare di trarre degli spunti. Faceva cose che io non mi sarei mai sognato di fare… è un peccato che abbia smesso.

Com’è cambiata la formazione dell’arbitro rispetto a quando tu eri arbitro e quando eri al CRA?
Oggi ci sono degli strumenti avanzati, ai miei tempi non c’erano i video, né quelli delle grandi manifestazioni validati dal Settore Tecnico, né quelli dei campionati regionali. Anche le occasioni di incontro erano inferiori rispetto a quelle delle ultime stagioni.

Hai svolto tante attività all’interno della sezione, cosa ti ha spinto a metterti così in gioco?
Sono diventato Presidente di Sezione a 40 anni, avevo smesso di arbitrare da 10, non avevo alcuna ambizione di carriera. Mi sono messo al servizio dell’Associazione che negli anni mi aveva dato tanto e volevo restituire qualcosa.
A quel tempo il Presidente di Sezione veniva nominato e quando Gilberto Sacchi mi ha chiesto di fare il Presidente gli ho detto di sì. Sapere di essere ritenuto un valido elemento per ricoprire quel ruolo è stato per me un grande onore, penso sia stato il momento più emozionante della mia carriera.

Per alcuni la sezione diventa una seconda famiglia, tu forse sei uno degli innovatori che ha portato la famiglia in sezione?
La sezione di Ancona è sempre stata aperta alle famiglie. Negli anni 60 si organizzavano le crociere, ai raduni si veniva accompagnati.
Mia figlia Beatrice ha seguito tante volte la nostra banda e l’altra figlia, Arianna, ha recitato nella commedia organizzata dalla sezione “L’elogio del fuorigioco”, a cui hanno preso parte anche i familiari di altri associati.

Se sono rimasto per 46 anni all’interno dell’Associazione è perché sono entrato subito nel gruppo dirigente della sezione, sono innamorato della vita sezionale.
Una volta terminati gli stimoli tecnici in molti abbandonano, invece se ci sono delle amicizie è normale rimanere legati anche dinanzi alle delusioni tecniche.

Anni fa la sezione era aperta quasi tutti i giorni e lì nascevano amicizie, si stava insieme, per tanti era una seconda famiglia, per alcuni è stata addirittura la prima.

Com’è essere un Presidente di Sezione?
È bellissimo perché conosci tutti i tuoi associati. Tanti ragazzi venivano da me a confessarsi anche per problemi familiari.
Purtroppo alle volte è anche doloroso. Nel mio ultimo anno di presidenza sono morti Fabio Monti e Roberto Criminesi, quest’ultimo in un incidente stradale venendo a riunione la sera.
È una cosa a cui penso, perché è morto giovanissimo, mi ha segnato profondamente.
È un’esperienza bella che auguro a tutti di poter vivere, è molto intensa.
Come ogni padre di famiglia gioisci dei risultati positivi dei tuoi ragazzi e sei triste se qualcosa non va.

Che effetto fa ricevere il premio Fabio Monti?
Il premio Monti è nato con me, io ho deciso di dedicargli il premio a livello regionale.
Dopo qualche anno l’ho preso anche io ed è per me motivo di grande orgoglio.

Senti che essere un arbitro ti ha dato qualcosa in più nella vita quotidiana?
Il fatto di decidere in mezzo al campo dinanzi a 40 tra calciatori e dirigenti e 100 spettatori ti porta ad una maturità che tanti altri non hanno.
Dal punto di vista lavorativo, quando il datore di lavoro sapeva che ero un arbitro ne rimaneva impressionato.
A livello nazionale impari ad organizzarti trasferte, vedi posti nuovi, conosci gente, è una crescita personale importante.

Un consiglio per i nostri arbitri?
Impegnarsi sempre, dare sempre il massimo, allenandosi, studiando il regolamento.
Nei primi anni ’80 eravamo circa 6-7 ragazzi tra gli scambi e la serie D, ma il nostro era un gruppo affiatato, non c’era invidia, si dava il meglio per riuscire più dell’amico.
Andare sempre concentrati alle partite, non mollare mai nonostante le difficoltà. Crederci sempre, cercare sempre di fare bella figura rispettando tutte le persone con cui vieni a contatto.
A distanza di anni incontro persone che ancora si ricordano di me e mi chiamano Sig. Arbitro.

Matteo Varagona

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Ultima RTO 2021

22 Dicembre 2021 da A.I.A. Ancona

Inizio settimana di lavori per la sezione di Ancona.
Lunedì 20 dicembre si è svolta l’ultima RTO del 2021.
La riunione si è aperta con la consegna del materiale tecnico ai 34 nuovi arbitri, che hanno ricevuto divisa, taccuino, cartellini, fischietto e tuta da allenamento.
In seguito la RTO è proseguita con la correzione degli ultimi videotest inviati agli arbitri.
L’analisi degli episodi è stata condotta magistralmente da Carlo Della Bona, membro del Settore Tecnico, che dopo aver fatto intervenire gli associati, che hanno dato il loro contributo indicando il provvedimento tecnico e disciplinare da adottare, ha fornito alla platea la soluzione corretta.
Prima dei saluti, il Presidente Fabrizio Ricciardi ha mostrato un video che ha ripercorso i bei momenti del 2021 trascorsi insieme ed ha annunciato alla platea di aver concluso il contratto per la locazione di una nuova sede sezionale, nella quale ci si trasferirà a partire da luglio 2022.
Terminata la visione, gli associati hanno ricevuto un omaggio natalizio.

Matteo Varagona

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Venerdì 17 Dicembre | Al Centro Papa Giovanni XXIII arriva la Coppa degli Europei di Calcio

17 Dicembre 2021 da A.I.A. Ancona

“It’s coming to … Ancona!” – La Coppa, conquistata dagli Azzurri durante la scorsa estate 2021, sarà ospitata dal Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona, che sta organizzando tutto il necessario affinché tanti tifosi e tante tifose, bimbi o adulti, calciatori, sportivi, curiosi e appassionati di tutte le età possano vederla e magari scattare qualche foto con l’ambito Trofeo.

“La scelta di pianificare questa iniziativa” dice la nostra Giorgia Sordoni, Vice Presidente e Coordinatrice “nasce da due motivazioni. La prima è la nostra convinzione che, attraverso la volontà e il gioco di squadra si possano raggiungere grandi risultati: è un po’ quello che accade qui ogni giorno, i nostri ospiti con disabilità formano un team con Educatori e Operatori per superare gli ostacoli che la disabilità impone.
La seconda è il nostro voler restituire alla nostra città ed alla provincia un po’ della vicinanza, dell’affetto e del calore che hanno dimostrato, dimostra e dimostreranno nei confronti delle persone con disabilità del Centro. Una sorta di piccolo dono di Natale da parte del nostro Centro”.

L’iniziativa è stata organizzata collaborazione con la Federazione Italiana Gioco Calcio delle Marche: alle squadre ed alle squadre giovanili della Federazione sarà riservato un orario speciale (dalle 15 alle 16.30) per poter vedere la Coppa e magari scattare una foto insieme al sognato Trofeo europeo.

La Coppa sarà visibile al pubblico dalle 16.00 alle 20.00 del 17 Dicembre, presso la sede del Centro Papa Giovanni XXIII in via Madre Teresa di Calcutta 1, quartiere Posatora (Ancona).

L’ingresso sarà gratuito ma occorrerà essere in regola con tutte le normative Covid vigenti.

Fonte: Centro Papa Giovanni XXIII

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La Sezione Siamo Noi | Vittorio Donati

14 Dicembre 2021 da A.I.A. Ancona

vittorio donati

È lui il secondo Arbitro Benemerito intervistato per la rubrica “la Sezione siamo noi”.

Ciao Vittorio, come prima cosa volevamo sapere come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
Lo volevo fare già a 17 anni, avevo visto i manifesti della sezione di Macerata: sono di Montefano.
Era il 1972 e prima di essere ammessi al corso si dovevano effettuare le visite mediche e mi hanno trovato una piccola tachicardia e mi hanno consigliato di non fare il corso.
L’idea di iniziare la carriera di arbitro mi è però rimasta e nel 1979 ho visto i manifesti della sezione di Ancona che pubblicizzavano il corso arbitri. Alla visita medica mi hanno detto che andava tutto bene e così sono entrato, a 25 anni, nella famiglia AIA.

Giocavo a pallone e mi sono avvicinato all’arbitraggio per rimanere nel mondo dello sport, per me era molto importante. Ho smesso nel 1994 per rottura del menisco del ginocchio sinistro.

Com’è cambiato nel tempo l’essere arbitro?
Sono cambiate tante cose: prima di tutto è cambiata la società che circonda il calcio e di conseguenza anche la sezione è cambiata.
Oggi si fa tutto col PC e temo sia andata perduta una parte del rapporto dirigente-base. Un dirigente deve avere familiarità con la base. Un ragazzo oltre ad arbitrare bene deve avere qualcuno con cui parlare e poter tirare fuori le problematiche.
Quando io ero Organo Tecnico era capitato che alcuni ragazzi rischiassero di non poter andare alla partita perché i genitori non potevano accompagnarli al campo… io e gli altri Organi Tecnici abbiamo accompagnato questi ragazzi al campo per permettere loro di arbitrare.

Si collaborava con tranquillità, era come stare in famiglia: Marcello Esposito, (oggi Arbitro Benemerito) quando era presidente di sezione, si portava sempre dietro sua figlia Beatrice, che per 4 anni era sempre qui con noi.
Oggi mi sembra che manchi un po’ l’affiatamento.

Oggi, purtroppo, se chiedi ai ragazzi chi era Fabio Monti non lo sanno.

Che cos’era il premio Fabio Monti?
È nato da un’idea di Carlo Ridolfi, Daniele Meles e Fabio Serpilli. Io ero solo un addetto ai campi.
Ogni anno era un crescendo, siamo partiti con un torneo tra le sezioni marchigiane, siamo arrivati al punto che volevano partecipare talmente tante sezioni che abbiamo dovuto dire di no.
Si era creata una grande famiglia, sono nate amicizie.
A cena eravamo oltre 1200 persone.

Senti che essere un arbitro ti ha dato qualcosa in più nella vita quotidiana?
Come prima cosa il rispetto delle persone. In campo devi rispettare gli altri, non conosci la loro storia e vanno rispettati anche quando sono intransigenti. Devi essere sempre tranquillo e sorridente, devi trasmettere serenità, così hai fatto il 50% della gara.

L’arbitraggio mi ha aiutato nei momenti tristi perché ho trovato la famiglia, mi hanno dato conforto. Ho trovato persone che mi hanno voluto bene, in particolare Marcello Esposito, che mi ha accompagnato alla prima gara, e Giorgio Russo che è stato il mio mentore.
I saggi mi davano consigli per superare quei momenti che anche loro avevano vissuto.
L’arbitraggio ti cambia la vita, ti fa capire cose che non pensavi prima, il rapporto con gli altri.

Un consiglio per i nostri arbitri?
Arbitrare e divertirsi. Le cose si fanno con le proprie forze, non vi aspettate aiuti, vi dovete divertire e il campo dirà se un ragazzo è bravo.
L’Arbitro deve credere in quello che va a fare.
Un ragazzo ci deve credere fino in fondo, perché le gioie arrivano e in ogni caso non si possono incolpare gli altri per i propri errori.
Se ci sono problemi bisogna parlare con gli Organi Tecnici, loro ti aiutano a superare i problemi del momento.

Altro consiglio è l’atteggiamento che si tiene, deve essere consono alla divisa che indossi.
Il ragazzo che va ad arbitrare una partita rappresenta tutti gli associati non se stesso.
Il comportamento che tieni si ripercuote su tutti.

Bisogna divertirsi come se fosse la prima gara. Io ancora mi ricordo che preparavo il borsone, passavo il grasso di foca sulle scarpe, le mie divise me le sono sempre comprate da solo. Avevo pure comprato una cartina particolareggiata delle Marche per trovare le strade per arrivare ai campi.

Dall’alto della tua esperienza, consiglieresti ad un giovane di iniziare il corso arbitri?
Consiglio vivamente di farlo, perché fai uno sport e già solo questo è importante. Perché ti consente di stare all’aria aperta e di staccare dagli affanni quotidiani.
Pratichi sport, hai la tessera che ti consente di entrare in tutti gli stadi d’Italia, un piccolo rimborso per ogni partita arbitrata.
Vedi il calcio da un’altra prospettiva, il divertimento è assicurato.
Inoltre entri in una scuola di vita che ti insegna come comportarti.
In questo mondo conosci realtà diverse e stringi amicizie che ti aiuteranno nei momenti di difficoltà.

Matteo Varagona

Archiviato in: News

La Sezione siamo noi?

2 Dicembre 2021 da A.I.A. Ancona

Per capire chi siamo non possiamo non conoscere le nostre origini, è per questo che la Sezione di Ancona ha voluto inaugurare una nuova rubrica andando a parlare con i suoi Benemeriti over 60. Per conoscere un po’ di storia ma soprattutto per trarre insegnamento dai grandi saggi che possono arricchire la formazione dei nuovi e giovani arbitri.

Il primo ad intervenire non poteva che essere Pietro Baldini, primo segretario CRA in Italia, 51 anni di tessera, impegnato più volte in Sezione come revisore dei conti e addetto alla preparazione atletica.

Ciao Pietro, come prima cosa volevamo sapere come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
Ero alle scuole superiori, al geometri, e mi si è presentata la possibilità di fare il corso arbitri. Lo slogan era: “Vieni a fare l’arbitro, un modo diverso di fare sport”. Mi sono incuriosito. Io facevo atletica dall’età di 8 anni, sono andato a parlare con Raffaele Fogliardi, oggi Arbitro Benemerito di Ancona e mi ha subito detto che sarebbe stata cosa buona iscrivermi, così a 15 anni mi sono iscritto al corso arbitri. Tra i miei formatori c’è stato Fabio Monti, arbitro internazionale, a cui è intitolata la Sezione di Ancona.

Com’è cambiato nel tempo l’essere arbitro?
Sono cambiate alcune cose, dopo aver superato il corso arbitri la divisa non mi è stata data in sezione. Mi è stato detto di comprare una tuta scura e di assicurarmi che avesse un taschino dove mettere taccuino e cartellini. Successivamente, grazie ai rimborsi delle gare arbitrate sono andato dal sarto.

È cambiato l’arrivo al campo. La disposizione era quella di parcheggiare l’auto a circa un chilometro dall’impianto di gioco. Io ho iniziato molto giovane ed i primi tempi mi accompagnava mio padre. Poi, dopo che ho preso la patente, ho iniziato ad andare da solo. Non avendo il navigatore, i giorni precedenti alla trasferta mi studiavo la cartina. A quel tempo poi, non avendo i cellulari, terminata la gara mi fermavo lungo il tragitto per telefonare ed avvisare a casa che stavo tornando.

È cambiato il modo di vivere la sezione. Non c’era Sinfonia, le designazioni arrivavano per posta e si doveva spedire il cedolino di accettazione della gara, il referto andava consegnato per posta.
Avendo la fortuna di abitare vicino alla sezione andavo spesso di persona per poter poi scambiare due parole con gli altri associati.

I rimborsi si prendevano in sezione. Non si aspettava il bonifico, ma in sezione il segretario teneva conto delle partite arbitrate e poi ci dava i soldi.

Senti che essere un arbitro ti abbia dato qualcosa in più nella vita quotidiana?
Quando sono entrato a far parte della famiglia AIA, Aldo Nicolini diceva sempre: “Vi ricordo che arbitri non si è solo in campo, ma anche nella vita. L’arbitro lo vedete da come cammina, da come si veste. Quello che cammina in giro distinto, state sicuri che è un arbitro!”.

Un giorno passeggiavo in centro per Ancona, ho notato un signore distinto che passava ed un viso già visto, mi sono avvicinato a lui ed ho scoperto che ci eravamo visti ad una RTO, in quanto quel distinto signore era un arbitro.

Lo stesso Nicolini, dopo un brutto voto rimediato a scuola, mi ha chiamato a sé: “Arbitri lo si è anche a scuola, un arbitro che non studia non può essere un buon arbitro. Ricordati si è sempre arbitri!”.

Ai tempi della scuola, quando dovevo studiare non rimanevo a casa, andavo in sezione, anche perché se avevo bisogno di un aiuto sapevo che lì c’era qualcuno capace e disposto a darmi una mano.

La mia tesi di laurea è stata battuta a macchina dal mio amico e collega Renato Bonetti!

La sezione è stata la mia seconda famiglia, alle volte è stata addirittura la prima, nei momenti di difficoltà mi hanno dato forza e mi hanno fatto sentire la loro vicinanza.

Non so quante persone ho conosciuto in più di 50 anni che sono associato, ma le persone più pulite, sincere, oneste, brave, che si davano da fare, persone che in altri ambiti come il lavoro non ho incontrato, i veri Signori, li ho conosciuti nell’AIA.

Tanto è vero che una persona che considero come un fratello è un arbitro.

Un consiglio per i nostri arbitri?
Frequentare la Sezione. Secondo me essere un arbitro è come uno studente che deve fare il tema d’italiano alla maturità.
Se durante l’anno non ti sei esercitato, non sei preparato e difficilmente riuscirai bene.
Da osservatore ritengo che per giudicare un arbitro devo conoscere il regolamento, frequentare la sezione e vedere i video. Lo stesso l’arbitro, si deve allenare al campo e deve partecipare ai momenti di formazione per saper riconoscere le varie fattispecie sul terreno di gioco.
La parola chiave è divertirsi, non avere grandi mire, perché con il lavoro i risultati arrivano da soli.

Dall’alto della tua esperienza, consiglieresti ad un giovane di iniziare il corso arbitri?
È un’attività splendida, una delle migliori che ci sia, perché conosci persone.
Fai sport, ti alleni, ti formi come persona, come carattere, incontri persone, impari a comportarti, ti cambia la mentalità, acquisisci maggiore autocontrollo.
Mi ha proprio segnato positivamente.

Matteo Varagona

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Mens sana in corpore sano

1 Dicembre 2021 da A.I.A. Ancona

Giovedì scorso è stata una giornata dedicata alla formazione per i ragazzi della sezione F.Monti di Ancona.
La serata è infatti iniziata con l’allenamento nei due poli sezionali di Osimo e Senigallia ed in quello nazionale di Ancona.
Dopo aver allenato il fisico ci si è spostati nei locali sezionali per lo svolgimento dell’attività tecnica.
Riunioni divise per organici, con il Futsal che ha avuto come relatore l’arbitro CAN 5 Daniele Conti con la supervisione del responsabile sezionale Roberto Rossini.
Il SGS guidato dall’OT Marco Santarelli e dal Responsabile della Formazione Arbitrale Luigi Albani, coadiuvati dall’OT Davide Sabbatini e dal componente dell’area tecnica Francesco Bilò.
Il resto della platea di arbitri ed osservatori ascoltava Enrico Eremitaggio, arbitro CAN D sotto la supervisione del Presidente Fabrizio Ricciardi.

Matteo Varagona

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